Repubblica e controrivoluzione

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ISBN: 9788865422533
Il 1799 nella Calabria cosentina
Autore: Luca Addante
ISBN 978-88-6542-253-3
Pagine: 174
Anno: 2013
Formato: 15 x 21 cm
Supporto: libro cartaceo

Il lavoro di Addante riapre con coraggio e determinazione il dossier della Calabria del 1799, sia pure in riferimento alla sola Calabria cosentina, interrogando le fonti per rispondere a questioni cruciali non per la sola Calabria ma per l'intera vicenda della Repubblica napoletana.
Molti spunti importanti si potrebbero segnalare di questo lavoro, accolto in questa collana anche per i vari significativi richiami agli argomenti che vi si dipanano da un volume all'altro: dal rapporto fra politica e immagini etnotipiche al tema del linguaggio e della comunicazione; dalla plurisecolare riflessione sulla resistenza al tiranno che irrompe e riesplode nella temperie rivoluzionaria del 1799 a quello delle relazioni fra Italia e Francia: fino alle più generali questioni della lotta politica nella Repubblica napoletana, nell'indissolubile confronto tra rivoluzione e antitivoluzione, repubblicanesimo e insorgenze antirepubblicane. È appunto il confronto tra repubblica e controrivoluzione – i «giacobini e sanfedisti» di Cingari – al centro della ricostruzione, con un approccio del tutto originale. La questione delle ragioni e dei fondamenti culturali del repubblicanesimo meridionale viene infatti affrontata su un ben più lungo periodo. L’«antico ardente repubblicanismo» di Cosenza segnalato da Vincenzo Cuoco è il punto di partenza problematico per risalire con metodo regressivo a una autonoma tradizione repubblicana meridionale (particolarmente calabrese) tutt'altro che sotterranea, anche se costretta a nascondere fra le pieghe della simulazione e della dissimulazione le sue tensioni antiassolutistiche. Risalendo dal 1799 alla congiura del 1794, passando attraverso un'esperienza associativa massonica che in Calabria trova il luogo principale della sua decisiva trasformazione politica, ritroviamo un lungo processo di sedimentazione culturale che ci riporta fino a Tommaso Campanella e a Antonio Serra e poi di nuovo in avanti, passando per quel Masaniello ripetutamente evocato nel 1799, e poi ancora da Gian Vincenzo Gravina fino a Francesco Saverio Salfi. La seconda parte del lavoro ci conduce alla materialità del territorio cosentino, ripercorso tra monti e valli, fiumi e torrenti, nella sua ruvida bellezza ma anche nella sua sostanziale povertà e nella sua devastazione, che non significano mancanza di risorse né di trasformazioni. Coglie nel segno il metodo quasi prosopografico qui proposto per una puntuale verifica della identificazione, più affermata che documentata, tra repubblicani e usurpatori del territorio silano. Ne consegue un quasi totale rovesciamento delle immagini correnti, finora ripetute sulla scorta di Cingari: sostanzialmente e quasi generalmente estranei alle usurpazioni del demanio silano gli uomini del «ceto mezzano» che confluirono nel movimento repubblicano, mentre gli usurpatori, timorosi di perdere nel nuovo ordine le loro recenti acquisizioni economiche e di status, campeggiano piuttosto nel fronte dell'opposizione antirepubblicana o della dissimulazione in attesa dell'occasione favorevole all'abbattimento delle nuove istituzioni. Alla fine la congiura ritorna, ed è controrivoluzionaria.

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