Carattere de' Napolitani
Autore: Onofrio Fiani
a cura di Anna Maria Rao e Lidia Membrini
ISBN 978-88-6542-254-0
Pagine: 222
Anno: 2013
Formato: 15 x 21 cm
Supporto: libro cartaceo
Che cosa restava, infine, dell'esperienza rivoluzionaria e di tanti lutti? Il bilancio appariva, malgrado tutto, ottimistico e positivo. La persecuzione non aveva fatto che rianimare il patriottismo, sviluppare ulteriormente i talenti, rendere ancora più accesa la lotta in difesa dei diritti dell'uomo [...]. Persecuzioni e proscrizioni non erano riuscite ad «avvilire l'energico carattere de' Napoletani» [...]. La storia, più che la natura, poteva qui spiegare la formazione del carattere dei napoletani e degli italiani in genere. Erano state invasioni esterne e guerre intestine a spingere «il povero napoletano» verso una «forzata indolenza», a «opporre i talenti alla forza», a cercare di «addormentare» e a intrigare piuttosto che provocare e combattere: «Nato egli buono per natura, sensibile, umano, si vede che i suoi vizj sono piuttosto l'effetto delle crisi politiche, che del suo carattere. Era vizio del governo ciಠche si è creduto finora carattere della nazione napolitana, e non si deve imputare a lei la falsa politica de' suoi Re».
Fiani riprendeva così un altro dei motivi conduttori della polemica settecentesca, che anche la letteratura odeporica aveva recepito: non la natura, ma superstizione e dispotismo, Chiesa e feudalità , erano le ragioni del mancato sviluppo economico e dell'avvilimento del paese: «il genio vivo e brillante de' Napoletani ne formarebbe di essi un popolo di eroi, se avessero la sorte di conseguire la libertà civile ed un Legislatore filosofo».
Del resto, nel 1799 lo aveva dimostrato energica e disperata difesa della capitale abbandonata dai francesi da parte dei patrioti, dei quali tesseva un vibrante elogio, di nuovo difendendoli dall'accusa di illegittima ribellione, non solo, ma ricordandone anche la moderazione, lontana da qualunque eccesso sanguinario: «Siamo stati traditi, ma non soggiogati, ma non avviliti, anzi determinati maggiormente nell'amicizia della Francia, per effetto ancora del tanto sangue che si è versato da' nostri. [...] Fra noi i massacri, i saccheggi, gli incendj, le profanazioni sono il retaggio de' Borbonici. I patriotti col nome di libertà han cercato solo la rettifica delle leggi, la tranquillità della patria e l'opulenza del Cittadino, non sperabili affatto dal governo di Ferdinando». [...] Ma dove trovare il legislatore filosofo che il Regno attendeva da secoli?
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