Anima minima. Sul bello e sul sublime
A cura di Federica Sossi
ISBN 978-88-31911-36-8
Pagine: 160
Anno: 2023
Formato: 12,5 x 19,5 cm
Collana: Surplace, 3
Supporto: libro cartaceo
Attento all’infanzia, alle sue voci o ai suoi lamenti, Lyotard s’ affaccia sulla scena di un gioco e scopre nel piccolo attore di questa rappresentazione il genio dell’arte. Il bambino tiene in mano un rocchetto che con gesto ripetitivo getta lontano da sé per poi farlo ricomparire. Fort-da, via-qui, sono le uniche due parole che questo bambino ormai celebre pronuncia: l’assenza e la presenza. L’assenza del sensibile nella sua presenza. Come nel gioco del rocchetto del nipotino di Freud o nello sguardo del pittore di Lascaux, anche lo stile dell’arte è «la visione dell’assenza di sensazione nella sua presenza», scuote l’anima assopita nell’apparenza con il tremore dell’apparizione. Ogni grande opera d’arte è la proposta di un’ «assurdità»: un’anima minima, testimonianza, nel sensibile, «che al sensibile manca qualcosa o che qualcosa lo eccede». Da alcuni anni Lyotard indaga questo mistero, e lo fa soprattutto a partire dalle pagine della Critica del Giudizio di Kant. Già con l’enigma del bello Kant sfida l’intelletto, ma nel sublime la sfida si fa più grande e coinvolge la ragione: in questo sentimento in cui l’immaginazione teme di perdere se stessa e fa l’esperienza della propria finitezza, l’assenza di forma non presenta se non il fatto che c’è dell’impresentabile. Si delinea così una sorta di ontologia negativa.
Tra i lavori di Jean-François Lyotard, teorico del postmoderno e del dissidio, ricordiamo: Discorso, figura (1971); A partire da Marx e Freud. Decostruzione ed economia dell’opera (1973), Economia libidinale (1974); La condizione postmoderna (1979); Il dissidio (1983); Heidegger e «gli ebrei» (1988); Leçons sur l’Analytique du sublime (1991); Letture d’infanzia (1991).
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